LIVORNO: citta’ di Artisti da Fattori a Modigliani passando da Natali

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AMEDEO MODIGLIANI

Pittore italiano (Livorno 1884 - Parigi 1920). Cruciale per la maturazione della sua pittura fu il suo trasferimento a Parigi: qui fu a contatto con i gruppi d'avanguardia (soprattutto con i fauves), risentendo in un primo momento specialmente dell'influenza di P. Picasso, H. de Toulouse-Lautrec e P. Cézanne. Con la rielaborazione di queste fonti perseguì l'unità dei ritmi lineari e coloristici nell'esplorazione della figura umana, unico e insistente tema della pittura di M., studiato in inquadrature ravvicinate e con taglio modernissimo (Nudo rosso, 1917).

Vita

Nel 1906 si stabilì a Parigi, dove fu a contatto dei gruppi d'avanguardia e specialmente dei fauves. Nel 1909 conobbe C. Brâncuşi, la cui amicizia fu molto importante anche per l'orientamento, pur se di breve durata, che Modigliani ne ebbe verso la scultura e verso l'arte arcaica e l'arte negra. Nel 1918 cominciò ad aggravarsi lo stato tubercolotico che lo portò alla morte, due anni dopo, nell'ospedale della Charité di Parigi. La sua breve vita fu misera e tormentata; le sue opere, vendute per pochi soldi sotto l'assillo del bisogno, raggiunsero, dopo la sua morte, prezzi altissimi e furono molto ricercate da gallerie pubbliche e da collezionisti di Europa e d'America.



Opere

I suoi primi quadri risentono dell'influenza di Picasso, di Toulouse-Lautrec. Nel 1908 espose agli Indépendants opere nettamente ispirate a Cézanne. Ma dello stesso anno è il Violoncellista, primo quadro in cui comincia ad esprimersi la sua personalità in maniera autonoma. Le sculture che espose agli Indépendants nel 1912, teste allungate dalla bellezza angolosa e secca, mostrano anche un allargamento delle sue esperienze verso l'arte arcaica e l'arte negra. Dal 1913, lasciata la scultura, si dedicò esclusivamente alla pittura, dipingendo ritratti e nudi. La sua prima mostra personale avvenne nel 1918 presso la Galleria Weil, ma i suoi quadri (tra i quali Nudo con collana di corallo, Nudo rosso) furono giudicati indecenti e di conseguenza fu ordinata la chiusura dell'esposizione. La sua ricerca stilistica ebbe di mira la perfetta unità di ritmi lineari e coloristici: il segno, estremamente sensibile, mira a trasfigurare l'immagine secondo una musicale sequenza di curve, il colore è intenso, smaltato, prezioso, una umanità profonda traspare dalla ricercata deformazione della figura (unico e insistente tema della pittura di Modigliani, studiato in inquadrature ravvicinate e con taglio modernissimo), dalla tensione delle linee, dai semplici e tuttavia audacissimi accordi del colore. Assai notevoli, per la purissima ritmica del segno, sono i suoi numerosi disegni.

GIOVANNI FATTORI

Pittore italiano (Livorno 1825 - Firenze 1908); uno dei maggiori pittori italiani del sec. 19º. Condusse una vita modesta, tenendosi in disparte anche dalle polemiche dei macchiaioli di cui è considerato il massimo esponente. Dopo aver studiato a Livorno con G. Baldini e a Firenze con G. Bezzuoli, si dedicò soprattutto a dipingere battaglie e scene di vita militare. Verso i nuovi modi pittorici fu orientato da Nino Costa, giunto a Firenze nel 1859. Da allora andò sempre più discostandosi dalle forme accademiche per cercare negli umili aspetti della vita quotidiana - personaggi, animali, scene di vita rustica, ecc. - una più genuina fonte d'ispirazione. Fu anche ottimo ritrattista (ritratti della Cugina Argia, della Prima moglie, della Figliastra, Autoritratto, ecc.), e acquafortista di grande originalità. Nel 1869 fu nominato professore nell'accademia di Firenze. Il F. nel gruppo dei macchiaioli non ebbe mai una posizione di punta; tuttavia nella purezza espressiva della sua pittura emerge, meglio che in altri, la forza rinnovatrice di quella corrente. Le idee dei puristi orientarono il F. verso lo studio dei quattrocentisti, ma fu suo merito l'averlo condotto a fondo, mirando piuttosto alle qualità profonde dell'espressione che ai motivi esteriori. La parte migliore della sua opera è costituita da rapidi, piccoli abbozzi, in cui la rappresentazione è affidata all'accordo di poche, essenziali macchie di colore.
Enciclopedia Trecani www.renatonatali.it
RENATO NATALI

La vita ed il percorso artistico. Renato Natali nasce a Livorno nel 1883 da una modesta famiglia di artigiani (il padre era cappellaio) e si iscrive giovanissimo alla Scuola d’Arti e Mestieri. L’indole irrequieta – che poi caratterizzò tutta la sua storia – gli impedì però di adeguarsi ed inserirsi nell’ordine tipico della scuola del tempo e presto lasciò per dedicarsi alla pittura ma da libero autodidatta. Il talento e la passione riuscirono a compensare la scarsa attitudine agli insegnamenti e già nel 1903, a soli vent’anni, fu insignito della medaglia d’argento del Ministero della Pubblica Istruzione al quale seguì di li a poco l’invito ad esporre alla Biennale di Venezia (1905). Tutto ciò con il solo bagaglio del suo talento arricchito solo da quanto appreso nel breve periodo in cui frequentò lo studio del pittore Micheli. Le sue opere, fino dagli inizi e lungo tutto il percorso della sua carriera, nascono dall’osservazione di ciò che vede girando, dapprima nelle vie e nei luoghi della Livorno popolare e più avanti in Europa ad in Africa. Le scene di vita livornese, le risse al porto e gli altri soggetti a lui cari, nascono in forma di appunti su un taccuino che porta sempre con se su cui annota e dal quale estrae, una volta tornato in studio, emozioni ed esperienze che si traducono nelle figure e nei colori tipici della sua opera. Esperienza ed ispirazione per la sua maturazione artistica gli deriveranno anche dalla frequentazione del Caffè Bardi di piazza Cavour dove partecipa da protagonista alle discussioni sull’arte e sulla vita del tempo, apprezzato e stimato da artisti più maturi e affermati di lui, forte di un talento già riconosciuto e da una personalità indubbiamente non comune. Il caffè Bardi, aperto a Livorno nel 1908 divenne ben presto un ritrovo di artisti, pittori post-macchiaioli (Fattori morì proprio quell’anno) poeti e pensatori.

Una sorta di centro di ritrovo culturale spontaneo, dove sulle note del maestro Pietri che suonava le sue ultime composizioni, Giosuè Borsi declamava versi di Dante e Boccaccio al cospetto di artisti del calibro di Ulvi Liegi, Cafiero Filippelli, Giovanni Bartolena e molti altri. Intorno al 1910 il proprietario del Bar (Ugo Bardi) chiede che alcuni tra gli artisti avventori, affreschino le mura del locale e anche il giovane Renato Natali, partecipa all’opera insieme a Benvenuto Benvenuti, Umberto Fioravanti, Giulio Ghelarducci, Olinto Ghilardi, Corrado Michelozzi, Mario Puccini, Gastone Razzaguta e Gino Romiti. Nel 1912, si reca a Parigi presso l’amico commediografo Dario Niccodemi. Il soggiorno parigino sarà denso di esperienze e di contatti con artisti francesi e gli consentirà di stringere una solida amicizia con il pittore livornese Amedeo Modigliani a cui lo accomuna l’essere stati entrambi artisti “fuori dal coro”, ed “aver vissuto nel periodo dominato dalle avanguardie in quel palcoscenico intellettualmente e culturalmente vivace che fu la Parigi di quel tempo” (cfr. Mino Romano in Modigliani. Chi era costui ?). A Parigi Natali trascorre un primo periodo dipingendo poco, preso dall’atmosfera di romanticismo, e piacere propria dell’inizio secolo francese ma attento e dotato di una formidabile memoria visiva (oltre che del suo taccuino), accumulerà scene e atmosfere che poi si rifletteranno nei quadri realizzati successivamente.

Subisce anche l’influenza dell’ Art Noveau il movimento artistico (nel senso più ampio del termine) che andava diffondendosi in quegli anni in tutta l’Europa. Nel 1914 Natali rientra a Livorno e nelle sue opere successive si evidenzia il cambiamento subito nel periodo parigino. I soggetti dipinti sono più vitali, i colori brillanti e più varie le tecniche pittoriche utilizzate. Come ebbe a dire il critico d’arte Piero Caprile in occasione dell’Antologica della Casa della Cultura “….Natali s’innamorò di Livorno a Parigi…..quando vi si trasferì per circa due anni….” ed è infatti la Livorno sognata a Parigi che Natali dipinge al suo rientro riportandovi però le contaminazioni subite laggiù : le prosperose ballerine di Tolouse Lautrec, i palcoscenici luminosi da cui Fregoli mandava in delirio il pubblico. Proprio a Parigi prende forma la “tavolozza parigina” di cui lo stesso Natali descriverà l’essenzialità dei soli 12 colori di cui si compone.

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