La celebre ed etrusca Porta dell’Arco è il monumento più importante della città, risalente al periodo fra il V e IV secolo a.C., fa parte della cinta muraria della città, edificata originariamente dagli Etruschi e poi modificata successivamente nel Medioevo quando la città si erse a libero comune. Si tratta del principale accesso alla città dal lato sud, opposta quindi all’altra porta etrusca di Volterra, Porta Diana, a nord. Sull’arco esterno sono ben visibili tre teste in pietra; si tratta dei tre elementi principali dell’arco (la chiave di volta e i due piani d’imposta), le tre teste scolpite rappresentano Giove (Tinia per gli Etruschi), e i due protettori della città, Castore e Polluce (Uni e Menerva per gli Etruschi). La porta è realizzata in grandi blocchi di tufo sovrapposti a secco. La vivace cromia è dovuta all’utilizzo di tre tipi diversi di roccia: nei piedritti, infatti, vediamo un calcare arenaceo di color giallastro; l’arco invece è realizzato con un grigio calcare di scogliera; infine, le tre teste scolpite sono in selagite rossastra. La porta presenta due fornici: uno esterno, sopra descritto con le tre protomi, originariamente difeso da una saracinesca che permetteva una rapida chiusura difensiva, e uno interno, sbarrato da due battenti. Per questo possiamo definirne la pianta a camera. La storia più recente ci racconta che durante il passaggio del fronte da Volterra nella Seconda guerra mondiale, precisamente il 30 giugno 1944, il comando tedesco in città decise di far saltare la porta per rendere difficoltoso l’accesso alle truppe alleate. La popolazione di Volterra si oppose a tale operazione proponendo, invece della distruzione della Porta, una sua totale ostruzione. Il comando tedesco acconsentì a non distruggere il manufatto se fosse stata ostruito entro 24 ore. I cittadini di Volterra accorsero in massa e riuscirono a sigillare il monumento in una sola notte utilizzando le pietre del selciato delle vie circostanti. Un bassorilievo collocato nel 1984 nei pressi della porta ricorda questo evento.