LA LEGGENDA
l castello dei Conti Guidi a Poppi, in provincia di Arezzo, si trova su una rocca molto antica: già nel 1191 compariva sulle mappe. Oggi il piano terra del castello è adibito a museo storico in ricordo della battaglia di Campaldino del 1289, tra i Guelfi fiorentini e i Ghibellini di Arezzo, e vanta ospiti del calibro di Dante Alighieri e Taddeo Gaddi, allievo di Giotto. Ma le parti più interessanti da vedere sono i sotterranei, luogo di vicende cruente dove morirono migliaia di innocenti, in cui è racchiusa la leggenda della bella e spietata Matelda.
Non è la prima volta che leggende riguardanti i castelli infestati vedano protagonista una castellana cattiva, infedele o ribelle. Probabilmente perché molte di queste storie risalgono ad un’epoca in cui dominava l’influenza della Chiesa e le donne erano viste spesso come il covo del male e, dunque, da incolpare per qualsiasi problema affliggesse gli uomini.
Ma torniamo a noi e conosciamo la leggenda di questa donna bellissima, ma allo stesso tempo letale e malvagia, il cui fantasma vagherebbe ancora nella sua dimora dopo aver procurato in vita dolore e morte a non finire.
Il suo nome era Matelda ed era la contessa Guidi, nonché moglie dell’uomo più potente di Poppi. Si narra che fosse così bella che in molti sfidarono l’ira della famiglia Guidi, che allora faceva il bello e il cattivo tempo, pur di avvicinarsi a lei.
Nel Casentino tutti gli uomini e i ragazzi ne parlavano, anche quando non c’entrava nulla: ognuno di loro sognava di averla, ma il signore del castello era un uomo rigido e spietato, famoso in tutta la Toscana per arrecare punizioni indicibili verso chi osava anche solo alzare lo sguardo per fissare la sua sposa. L’inaudita bellezza della donna spinse in molti a spiare le attività a castello, tanto che furono assoldati alcuni garzoni per carpire gli spostamenti del signorotto e comunicarli agli spasimanti della bella Matelda. In effetti, i molti impegni politici e militari costringevano l’uomo a partire e a rimanere lontano dal castello anche per settimane. Quello era il momento giusto per avvicinarsi al castello e tentare di entrare nelle grazie della bella castellana.
Dal canto suo la bella Matelda, dopo i primi tempi passati in solitudine, iniziò a sentirsi un uccello in gabbia. Il suo matrimonio era stato deciso a tavolino dal padre che l’aveva consegnata nelle mani di un uomo molto più vecchio di lei e, a detta di molti, anche piuttosto brutto. Lei non lo amava, ma quei lunghi tempi di solitudine al castello erano per lei una punizione ancora peggiore della sua compagnia.
Con il passare dei giorni, iniziò ad ottenere un po’ di compagnia maschile con un metodo molto ingegnoso: richiese dei menestrelli per allietare le sue serate, cavalieri che la informassero della situazione ai confini dei possedimenti, messaggeri che portassero lettere a suo marito, sarti che le cucissero i migliori vestiti, artigiani e commercianti che le fornissero il meglio di ogni cosa avesse voglia; intrecciando così rapporti fedifraghi decine di volte.
Matelda aveva quindi trovato il modo di consolarsi parecchie volte della mancanza del signore del castello, ma restava un problema: per quanto gradisse quelle focose notti d’amore, non poteva permettere che si spargessero voci sul conto della donna del signore di Poppi, perché gli eventuali pettegolezzi avrebbero messo fine non solo al matrimonio molto ricco, ma anche alla sua stessa vita.
Fu piuttosto facile per lei trovare il modo di sbarazzarsi degli uomini che rimanevano ammaliati dopo la notte di lussuria che offriva loro. Il metodo era sempre lo stesso: all’alba invitava l’amante ad uscire dal castello da un passaggio nei sotterranei dicendogli che era un’uscita segreta. In realtà il passaggio portava ad cunicolo buio e pieno di trabocchetti, con tanto di spuntoni e lame acuminate. Le botole erano molto alte e nessuno poteva sfuggire a quella terribile trappola, nemmeno l’amante più agile: ogni uomo premiato con il corpo della bella Matelda perdeva il suo precipitando in un profondo buco e rimanendo impalato al fondo.
Il numero di “sparizioni” in quella zona crebbe a tal punto che fu impossibile non collegare quelle tragiche vicende alla castellana. All’ennesimo giovane che non fece più ritorno a casa, gli abitanti di Poppi decisero di assaltare il castello. Mentre il signore di Poppi era lontano con il suo esercito, abbatterono il portone e catturarono Matelda. Le poche guardie rimaste poterono ben poco e la folla inferocita riuscì a trascinare la castellana in cima alla torre e lì a murarla viva. E così finirono i giorni del bella Matelda…
Ancora oggi si crede che la sua anima non abbia ancora trovato pace e che vaghi ancora nei corridoi e nelle stanze del castello di Poppi. Molti abitanti del luogo affermano di aver visto la donna più bella del Casentino affacciarsi di notte da una finestra del castello di Poppi, vestita di bianco e con un viso ancora bellissimo. C’è anche chi sostiene che visitando il museo capiti di avvertire una voce flebile e provocante e di sentire soffi sul collo in grado di procurare brividi di freddo e di piacere.
IL CASTELLO
Il Castello di Poppi è considerato il simbolo, non solo di questo paese, ma dell’intero Casentino. E’ infatti visibile da buona parte di questa valle della Toscana orientale in provincia di Arezzo. Ci appare spesso diverso, a secondo dell’ora, delle condizione ambientali e delle stagioni, ma sempre suggestivo e affascinante.
Fu edificato tra la fine del XII e gli inizi del XIV secolo dalla nobile famiglia dei Guidi ed è il castello più “giovane” tra tutti quelli costruiti da questa potente casata in Casentino, terra toscana rinomata appunto per i suoi castelli. Questa sua relativa giovinezza, la cura e la solidità con cui fu realizzato sono sicuramente i motivi principali per cui il Castello di Poppi, a parte la torre che a fine ‘800 fu oggetto di un rifacimento della sua parte alta, si presenta oggi in un aspetto molto vicino quello che poteva essere nel periodo medievale.
Da viste panoramiche di Poppi il castello mostra già la sua imponenza, questa diventa sempre maggiore via via che ci avviciniamo. Osservato dagli antistanti giardini ci comunica la forza della sua possente struttura in pietra nonché l’eleganza della sua forma d’insieme e di alcuni suoi elementi architettonici quali la torre, i merli e le finestre bifore ornate di stemmi gentilizi. Data l’asimmetria stilistica con cui si presenta la sua facciata vengono citati due architetti, ma senza riscontri storici documentati, per il progetto del castello: Lapo di Cambio prima e Arnolfo di Cambio poi. Quest’ultimo avrebbe utilizzato il Castello di Poppi, in particolare la torre, come prototipo per la realizzazione di Palazzo Vecchio a Firenze.
Un busto di Dante Alighieri posto nella piazza antistante ricorda il legame del Sommo Poeta con questo storico edificio, nel 1310 fu qui ospitato per un anno dal Conte Guido di Simone da Battifolle durante il suo esilio da Firenze. Dante sembra abbia composto in questo periodo il XXXIII canto dell’Inferno.
Per accedere al Castello dei Conti Guidi di Poppi si attraversa un piccolo ponte su un fossato a secco che ci introduce nella “munizione”, costruzione a basa quadrata adibita a guardia armata del castello. Attraversato questo piccolo edificio ci troviamo nel cortile esterno che gira intorno al palazzo dei Guidi, in questo spazio si trova un elegante pozzo.
Prima di entrare nel castello fermiamoci un momento davanti al portone d’ingresso e guardiamo verso l’alto. Ci sentiremo “intimoriti e dominati” da un bassorilievo raffigurante un grande leone e dai 50 metri di altezza della possente torre. Altezza ridotta di una decina di metri a fine ‘800 dopo che la struttura era stata seriamente danneggiata da un fulmine. In quell’occasione l’elegante corona di merli ghibellini fu sostituita con una cella campanaria.
Appena entrati nel castello ci troviamo nella corte interna. Il nostro sguardo si volgerà istintivamente verso l’alto attratto dallo sviluppo verticale dell’edificio, dai ballatoi in legno, dall’armoniosa scala realizzata a fine XV secolo su progetto dell’architetto Jacopo di Baldassarre Turriani, una straordinaria opera dal punto di vista tecnico.
Cominciando la visita al castello dal piano terreno, a destra, appena entrati, una piccola porta c’immette nella stretta e angusta prigione. Continuando il giro della corte in senso antiorario troviamo le Scuderie dei Guidi, un’ampia sala con una caratteristica architettura medievale utilizzata oggi per mostre. In fondo alla corte si trova un tavolo in pietra che è chiamato “tavolo della giustizia” perché dalla metà del ‘400, periodo in cui Poppi comincia ad essere amministrato da un vicario inviato dalla Repubblica Fiorentina e vi venne istituito il tribunale, su questo tavolo si amministrata la giustizia e venivano emesse le sentenze.
A qualche metro dal tavolo una porta ci fa scendere in una sala posta sotto la corte che è stata dedicata a Tommaso Crudeli, poeta di Poppi della prima metà del Settecento.
Le pareti interne dell’intero Castello di Poppi sono impreziosite da numerosissimi stemmi gentilizi, al piano terreno troviamo i più raffinati perché invece che scolpiti su pietra furono realizzati in terracotta invetriata dai Della Robbia, la nota famiglia di ceramisti fiorentini. Saliti al primo piano possiamo visitare il Salone delle Feste. Qui i Conti Guidi tenevano banchetti, feste, spettacoli. La sala è riccamente decorata, una particolare attenzione va rivolta al soffitto. Qui sono presenti varie opere d’arte tra cui una terracotta di Benedetto Buglioni raffigurante la Madonna della Cintola e Santi. Oggi questa prestigiosa sala è spesso utilizzata per convegni e conferenze.
A questo piano si trova il gioiello culturale non solo del castello e di Poppi, ma dell’intero Casentino: la Biblioteca Rilliana. Un inestimabile patrimonio di 25000 volumi antichi. Fu realizzata alla morte del Conte Fabrizio Rilli Orsini (1828) che donò il suo enorme patrimonio librario alla comunità di Poppi.
Saliamo adesso all’ultimo piano del Castello di Poppi, detto anche Piano Nobile perché qui si trovavano le stanze residenziali dei Conti Guidi.
In cima all’ultima rampa di scale ci dà il benvenuto la cariatide del Conte Guido Simone da Battifolle. Questi visse a cavallo tra il XIII e XIV secolo e fu una delle figure di maggior rilievo della nobile e potente casata dei Guidi. Con lui il Castello di Poppi crebbe in dimensioni assumendo praticamente quelle odierne. Fu colui che nel 1310 ospitò l’esiliato Dante Alighieri.
Le stanze dei Guidi sono tutte affrescate. Nella più grande è esposto l’interessante plastico della Battaglia di Campaldino che mostra la disposizione degli schieramenti delle truppe Guelfe e Ghibelline prima di affrontare questo sanguinoso scontro che si tenne l’11 giugno 1289 in una piana (di Campaldino) a poca distanza e in vista dal castello.
Un’altra di queste sale è la Cappella dei Guidi, di grande interesse perché è da considerarsi uno dei gioielli artistici del Casentino. La parte alta delle sue pareti e la volta a crociera ci mostrano affreschi di Taddeo Gaddi, allievo di Giotto, eseguiti nella prima metà del ‘300 e raffiguranti sei scene sacre: due dedicate a Giovanni Evangelista, due alla Vergine, due a Giovanni Battista.
Un’altra stanza, posta tra le due sopra descritte e che attrarrà la nostra attenzione, è la “Sala del Caminetto” interessante proprio per la presenza di questo elegante elemento.
Dal ballatoio del Piano Nobile parte un’irta scalinata in legno che conduce alla cella campanaria posta in cima alla torre del Castello di Poppi. Dobbiamo affrontare 104 scalini. Durante il percorso, anche per prendere fiato, potremo fermarci a osservare interessanti particolari di questo suggestivo ambiente, in primis l’antico meccanismo dell’orologio.
Giunti in cima alla torre la nostra fatica sarà ben ripagata dagli ampi panorami sul Casentino godibili da quassù.