Viaggio nella Toscana Underground, tra grotte e miniere
Grotte naturali, miniere in disuso, necropoli scavate nel tufo e antichi acquedotti: sono i tesori della Toscana Underground, un percorso affascinante per scoprire le meraviglie che si nascondono nel sottosuolo toscano. La Toscana è ricca di grotte: sarebbero oltre 1500 che si sviluppano per oltre 270 chilometri. Alcune sono delle vere meraviglie della natura che vi lasceranno a bocca aperta con le loro maestose concrezioni calcaree, stalattiti e stalagmiti di diversi colori che sembrano gioielli lunari.
In particolare da visitare i percorsi attrezzati che portano alla scoperta delle tre grandi cavità carsiche delle Apuane: la Grotta del Vento in Garfagnana, le Grotte di Equi Terme in Lunigiana e l’Antro del Corchia in Versilia. Proprio il Monte Corchia è il complesso carsico più esteso d’Italia con circa 60 chilometri di gallerie e pozzi carsici e l’Abisso Paolo Roversi, che con 1249 metri di dislivello è la grotta più profonda in Italia e la 21ima al mondo.
Nel sottosuolo della Toscana si trovano i resti della lunga storia dell’estrazione mineraria e dell’industria metallurgica, già fiorente al tempo degli Etruschi, di cui oggi rimangono tantissimi parchi e musei minerari molto affascinanti da visitare, anche per le famiglie con i bambini. Da non perdere in particolare le miniere visitabili dell’Isola d’Elba, delle Colline Metallifere e del Monte Amiata, come quella di Abbadia San Salvatore dove spesso sono proprio gli ex minatori a guidare i visitatori nel tour organizzatro.
Un giro nella Toscana Undreground non può ignorare le necropoli e tutta la civiltà del tufo che si sviluppò al tempo degli Etruschi in particolare nell’alta Maremma e sul versante grossetano del Monte Amiata. Come le sepolture etrusche che costellano il territorio di Sovana o lo splendido insediamento rupestre di Vitozza a San Quirico di Sorano, che è un villaggio scavato nel tufo: le case e i magazzini infatti sono stati modellati nella roccia e solo la chiesa, la rocca e il castello sono stati costruiti in alto.
L’ultima fermata di Toscana Underground sono le gallerie drenanti scavate per raccogliere e portare acqua dentro i centri abitati.
La più originale sono i famosi Bottini di Siena, un acquedotto sotterraneo lungo oltre 25 chilometri sotto la città, costruito già al tempo dei Romani che ancora oggi porta l’acqua a diverse fontane senesi e a volte si può visitare.
font: https://www.visittuscany.com
I Bottini di Siena
L'acquedotto medievale
Quando si passeggia per le vie di Siena e si ammirano le fonti medievali, è difficile immaginare che sono alimentate da una rete di 25 Km di gallerie, ancora oggi funzionanti.
Siena infatti non è attraversata da un fiume, ed allora per portare l'acqua in città sono stati scavati i "bottini": sono gallerie con la volta "a botte", quasi tutte percorribili a piedi, che raccolgono le infiltrazioni delle acque piovane cadute nelle colline circostanti e le portano alle decine di fonti. Questa tecnica di approvvigionamento idrico non ha uguali nel mondo. Certo, le gallerie drenanti sono utilizzate da millenni nelle oasi del Medio Oriente e del Nord Africa, ed in Europa sono state utilizzate fin dai tempi degli Etruschi e dei Romani, tanto che esempi simili si trovano anche a Tarquinia, Veio, Caere, ed in alcuni borghi della provincia di Siena. Solo a Siena, però, i bottini sono associati ad uno sviluppo urbano, ed hanno consentito di soddisfare i fabbisogni idrici di una delle città medievali più ricche e popolose d'Europa, che poteva competere con quelle costruite su un grande fiume come l'eterna rivale Firenze.
Alcuni tratti di questo straordinario mondo sotterraneo sono visitabili (prenotazione obbligatoria): un'esperienza che fa tornare indietro nella storia e capire molto della città.. La scelta è tra i bottini di Fonte Gaia, Fonte Nuova d'Ovile e Fonti di Pescaia, dove si può anche visitare il Museo dell'Acqua. Si tratta di percorrere suggestive gallerie ad altezza d'uomo, scavate nella sabbia o rivestite con una volta di mattoni, mentre l'acqua scorre in una canaletta (gorello), così i piedi stanno per lo più all'asciutto. Nei bottini possiamo anche incontrare delle targhe, che indicano la quantità di dadi che poteva ricevere un certo utente: il dado era un forellino al centro di una piastra che sbarrava una canaletta di derivazione, e si potevano avere contratti per 1/2 dado, 1, 2, 3 dadi. Queste targhe risalgono all'ottocento, quando le famiglie più ricche, che avevano abitazioni vicine al percorso dei bottini, si allacciavano all'acquedotto ed avevano l'acqua "in casa", mentre il resto della popolazione doveva continuare ad attingere dalla fonte pubblica. Queste sono le uniche modifiche che i bottini hanno subito da quando sono stati costruiti. I bottini consentono anche di immergersi nelle antiche leggende, come quella della Diana, il grande fiume sotterraneo che i senesi hanno sempre cercato, tanto che credevano di sentirne il rumore in due punti della città, meritandosi di essere presi in giro da Dante nella Divina Commedia. Altre leggende riguardano gli abitatori dei bottini, i gioiosi homiccioli ed i dispettosi fuggisoli, che venivano avvistati dagli addetti alla manutenzione, che venivano pagati in vino e venivano chiamati "guerci" perrché quando tornavano in superficie erano accecati dalla luce.
Dalle origini ad oggi
Le prime testimonianze storiche di gallerie usate per l'approvvigionamento idrico di Siena risalgono al 394 d.C., ma i grandi lavori iniziarono nell'XI secolo per rispondere alle esigenze di una popolazione in espansione, talvolta utilizzando preesistenti fonti etrusche o romane. Quando si individuava la presenza di acqua, come una piccola sorgente, si iniziava a scavare una galleria che seguiva la vena d'acqua, risalendo con una lieve pendenza, tenendosi sempre tra i due strati che formano le colline senesi: uno superiore di sabbia, che filtra l'acqua piovana, e l'altro sottostante di argilla, che la trattiene. Sono le le sabbie e le argille sedimentate sul fondo di un antico mare.
É un gioiello di ingegneria idraulica tre-quattrocentesca, che ha rappresentato l'unica fonte di acqua potabile fino alla prima guerra mondiale, ancora oggi funzionante, tanto che sono state mantenute alcune utenze. Tuttavia, nei tratti più lontani dalle fonti, a 4-5 Km a nord della città, i bottini sono a rischio di interramento, a causa delle frane, della penetrazione di radici, dell'accumulo di fango nel gorello.
fonti: http://www.agenziaimpress.it